Il futuro è nei dati: data sharing e data spaces nel mercato unico europeo

di Pietro Giovanni Bizzaro

La prossima rivoluzione industriale sarà caratterizzata dall’economia digitale e in particolare dall’utilizzo dei dati. Diversi studi testimoniano infatti che il volume globale dei dati è destinato a crescere ad un ritmo annuo del 61%: passando dai 33 zettabytes (zB) nel 2018 ad una previsione di 175 zB nel 2025. Questa crescita si accompagna alla diffusione di tecnologie fondate sull’elaborazione di grandi quantità di dati, quali il cloud computing, l’intelligenza artificiale e l’Internet-of-Things, e rende quindi necessario definire nuove strategie di data sharing per favorire l’innovazione e sfruttare i dati come una risorsa.

le principali economie del mondo stanno rapidamente innovando gli strumenti di accesso e utilizzo dei dati: da un lato, gli Stati Uniti affidano l’organizzazione di spazi di raccolta e condivisione di dati al settore privato, rischiando tuttavia di creare fenomeni oligopolistici potenzialmente pericolosi; dall’altro, la Cina costruisce un sistema caratterizzato dalla sorveglianza governativa e da un forte controllo delle Big Tech, dove non è presente un adeguato sistema di tutele dei diritti dei cittadini.

La Commissione Europea, nel tentativo di delineare una “strada europea” di strategia dei dati, parte dai modelli di gestione di queste economie concorrenti e tenta di superarne le criticità creando uno spazio europeo dei dati all’insegna della concorrenza e il mantenimento dei più alti standard “di privacy, sicurezza, protezione e norme etiche”.

Data Governance Act

Nel Novembre 2020, la Commissione ha presentato il primo tassello di questo importante percorso di trasformazione digitale fondata sui dati: la proposta del Data Governance Act. Questo regolamento è volto a governare quattro distinte situazioni: il riutilizzo dei dati che sono in possesso della Pubblica Amministrazione (Governament-to-Business, G2B), la condivisione dei dati tra imprese dietro compenso (Business-to-Business, B2B), l’introduzione di un “intermediario per la condivisione dei dati personali” al fine di assistere i singoli individui nell’esercizio dei propri diritti di tutela, e la condivisione dei dati su base volontaria per progetti di ricerca (Data Altruism).

Relativamente ai dati detenuti dalla Pubblica Amministrazione,l’Unione Europea sin dalla Direttiva 2003/98/CE, relativa al riutilizzo dell’informazione nel settore pubblico, ha sempre adottato un approccio volto a rendere disponibili questi dati verso terzi. Di conseguenza, nel perorare questa visione, il Data Governance Act si pone l’obiettivo di rendere disponibile una quantità massiccia di dati in possesso della Pubblica Amministrazione, che tuttavia non sono ancora accessibili a terzi a causa di limitazioni solo in parte derivanti dalla disciplina GDPR, quali: la riservatezza commerciale, la riservatezza statistica, la protezione dei diritti di proprietà intellettuale di terzi o la protezione dei dati personali.

Il riutilizzo di questi dati può rappresentare un’opportunità di crescita importante nella ricerca scientifica e per le imprese europee, in particolare per le PMI, che alle condizioni attuali soffrono la frammentazione del mercato europeo dei dati a cui non sono in grado di accedere alle medesime condizioni.

EU Digital Compass 2030

Recentemente, la Commissione ha presentato una “bussola” che guiderà l’azione europea nella regolamentazione del mercato digitale nel prossimo decennio. Il piano di riforme si fonda su quattro punti cardinali tra cui la trasformazione digitale delle imprese; queste rappresentano infatti un importante motore di innovazione e crescita per l’economia europea e potranno creare nuovi processi e nuovi business model basati su un equo mercato unico dei dati.

La proposta della commissione, relativamente a questo contesto, ha quindi l’obiettivo di favorire la trasformazione digitale delle imprese, creare un’economia digitale equa e competitiva e stabilire un nuovo level playing field rispetto a paesi terzi.

La pandemia di Covid-19 ha mostrato a tutte le imprese europee l’esigenza di operare al più presto una trasformazione digitale del proprio business, attraverso l’integrazione verticale di servizi di terzi o l’adozione di soluzioni su misura in-house per far fronte alle esigenze del mercato digitale. Tuttavia, l’emergenza attuale ha anche evidenziato la portata in Europa del digital divide a sfavore delle PMI, che non sempre hanno gli strumenti necessari per essere competitive nel digitale.

Di conseguenza, entro il 2030, la Commissione ambisce a costituire un mercato europeo, dove: il 75% delle imprese utilizza strumenti di cloud computing, big data e intelligenza artificiale, e il 90% delle piccole medie imprese è dotato di una solida base di digital intensity, cioè la porzione di tecnologia digitale utilizzata da un’organizzazione, che integra persone, processi e tecnologie, al fine di guadagnare un vantaggio competitivo.

In aggiunta, la Commissione Europea mira a creare un ecosistema favorevole alla nascita di start-up e unicorn, attraverso una legislazione chiara e una solida infrastruttura per gli investimenti.

Le imprese, in particolare le PMI, pur riconoscendo il valore e le potenzialità dei dati nel definire e orientare i propri prodotti e servizi, spesso desistono dall’adottare efficaci strategie di utilizzo e studio dei dati per paura delle implicazioni giuridiche connesse alla loro gestione o per la difficoltà tecnica di integrare efficacemente strumenti idonei al proprio business.

Il data sharing e la creazione di data spaces comuni a livello europeo sembrano essere la chiave di volta per liberare potenzialità ora inespresse e creare quel valore aggiunto rappresentato dai dati per le imprese europee. I data spaces mirano a superare gli ostacoli di ordine giuridico e organizzativo alla condivisione dei dati, attraverso: strumenti e piattaforme di data sharing, la creazione di quadri di governance dei dati e il miglioramento della disponibilità, della qualità e dell’interoperabilità dei dati, sia in contesti settoriali che intersettoriali.

Per realizzare questo obiettivo, la Commissione Europea  intende investire entro il 2022 almeno 2 miliardi di Euro, in aggiunta a 4-6 miliardi di investimenti combinati, con l’obiettivo di promuovere “un progetto ad alto impatto su spazi europei dei dati“.

Al fine di assecondare questa transizione verso un massiccio utilizzo dei dati da parte di PMI e ricercatori, la Commissione ha ipotizzato di istituire in prima battuta alcuni spazi comuni di dati a livello settoriale, così da creare diversi ecosistemi affini e facilitare l’adozione di data strategies da parte di quei soggetti che fino ad ora non sono stati in grado di sfruttare, per le difficoltà sopra richiamate, le potenzialità dei dati.

In particolare, la Commissione prevede l’istituzione dei seguenti spazi comuni europei di dati:

  • uno spazio comune europeo di dati industriali (manifatturieri),
    dove il potenziale valore dell’utilizzo di dati non personali nell’industria manifatturiera può rappresentare un’importante differenza in termini di produttività e competitività per le imprese europee;
  • uno spazio comune europeo di dati sul Green Deal,
    l’Europa ha infatti l’obiettivo ambizioso di diventare un continente ad impatto climatico zero entro il 2050, in questo percorso sarà fondamentale poter sfruttare l’enorme potenziale dei dati nella realizzazione delle azioni del Green Deal;
  • uno spazio comune europeo di dati sulla mobilità,
    il settore automobilistico e le attività di trasporto passeggeri sono interessate da qualche anno a questa parte da una trasformazione digitale guidata dall’integrazione verticale di diversi strumenti nei prodotti e servizi offerti, che vanno ad arricchire l’esperienza dell’utente finale. Di conseguenza, in questo contesto, i dati diventano un importante fattore di innovazione verso una nuova forma di mobilità, sostenibile e intelligente.
  • uno spazio comune europeo di dati sanitari,
    l’attuale pandemia ha mostrato come il dato sanitario e la sua condivisione sono fondamentali, sia nella cura del paziente, sia in ambito di ricerca. Infatti, la rapidità con cui si è giunti alla realizzazione dei vaccini contro il Covid-19 si giustifica in prima battuta grazie alla mole di dati sanitari condivisi tra istituzioni e centri di ricerca in maniera Peer-to-Peer (ne è un esempio il progetto di ricerca “health“). Un health data space a livello europeo potrebbe da un lato permettere ai cittadini di accedere liberamente ai propri dati e di fornire un trattamento su misura alle esigenze del paziente, dall’altro lato permettere a ricercatori e case farmaceutiche di accedere a preziosi data set sanitari;
  • uno spazio comune europeo di dati finanziari,
    la legislazione europea già impone agli istituti finanziari di pubblicare un’importante frazione dei dati in loro possesso, questo strumento potrà rafforzare i principi di finanza aperta e trasparenza in questo settore e stimolarne l’innovazione;
  • uno spazio comune europeo di dati sull’energia,
    dove numerose direttive garantiscono già l’accesso dei clienti ai loro dati relativi ai contatori e al consumo di energia e la portabilità di tali dati su basi di trasparenza e non discriminazione e in conformità alla normativa in materia di protezione dei dati personali. Un data space energetico mira alla creazione di soluzioni innovative e a sostenere la decarbonizzazione del sistema europeo;
  • uno spazio comune europeo di dati sull’agricoltura,
    dove l’elaborazione e l’analisi dei dati relativi alla produzione, in particolare in riferimento alla supply chain, rendono possibile l’applicazione di tecniche e approcci produttivi efficienti nell’azienda agricola;
  • uno spazio comune europeo di dati per la pubblica amministrazione,
    in questo ambito la proposta di Data Governance Act già tratteggia i principi e le linee guida da seguire nella realizzazione di questo data space, che potrà consentire l’introduzione di applicazioni innovative “govtech“, “regtech” e “legaltech” a sostegno dei cittadini;
  • ed infine uno spazio comune europeo di dati sulle competenze,
    con l’obiettivo di creare un talent network a livello europeo in modo da rispondere rapidamente alle trasformazioni del mercato del lavoro e adattarsi alle esigenze in termini di nuove competenze;

Inoltre, l’Unione Europea continuerà a lavorare alla creazione di un Cloud europeo per la scienza aperta (EOSC), che mira a garantire a ricercatori, innovatori, imprese e cittadini europei un accesso diretto ai dati e un loro riutilizzo affidabile, mediante un ambiente di dati distribuito e aperto.

In conclusione, il piano di riforme della Commissione EU è sostenuto da una solida struttura di governance, progetti multinazionali per raggiungere gli obiettivi fissati dalla bussola digitale e partenariati internazionali. E’ senza dubbio un piano ambizioso dove il coinvolgimento del pubblico e dei portatori di interesse sarà fondamentale per realizzare con successo la trasformazione digitale.

L’istituzione di data spaces settoriali, e in un secondo momento anche intersettoriali, libera il potenziale di data sharing nel mercato europeo e consente all’UE di diventare un economia più attrattiva, sicura e dinamica, in una parola: smart, perchè fondata sui dati attraverso i quali migliorare le decisioni e la vita dei cittadini europei.